Filippo Puglia
IL DECADENTISMO TRA TECNOLOGIA E SAPERE
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LA CASA STANDARD E IN SERIE
Oggi viviamo in un periodo storico nel quale pretendiamo che l’uomo si adatti a vivere in abitazioni preconfezionate.
Ci siamo imposti un modello abitativo e progettiamo e costruiamo parallelepipedi più o meno articolati, che contengono appartamenti standard, come se fossero delle automobili o elementi di arredo da costruire in serie.
L’uomo, insomma, deve adattarsi a un modello preconfezionato proposto dal progettista o costruttore, secondo il pensiero e il modo di concepire un’abitazione di chi la progetta. Il progettista compone degli elementi, muri, in modo da formare degli spazi, in cui collocare questo o quell’ambiente secondo il proprio gusto, come se in quell’appartamento dovesse viverci lui stesso.
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Non esiste più il concetto di progettare e costruire per una determinata persona, secondo i suoi gusti, secondo il suo modo di vivere gli spazi.
Il progettista dovrebbe ideare e progettare degli spazi per ogni singola persona, come se fosse un vestito. Appunto, la casa o la dimora di una determinata persona rappresenta per la stessa un vestito, in cui muoversi e vivere. Se il vestito è troppo stretto, i movimenti delle braccia, delle gambe, o ancora le torsioni del corpo causano strappi al vestito e la persona si sente insofferente, così come se il vestito è troppo grande.
L’uomo, quindi, non deve adattarsi agli ambienti preconfezionati che gli vengono proposti, ma deve cercare e pretendere un’abitazione che si adatti al suo personale modo di vivere, come se questo fosse un vestito o delle scarpe. Del resto, non compreremmo mai scarpe troppo grandi o troppo piccole rispetto ai nostri piedi, perché non riusciremmo a camminare.
Il progettista deve ideare i suoi progetti secondo il modo di vivere della persona che deve abitare. Deve inoltre progettare secondo il luogo dove costruire. Poiché i luoghi, gli spazi pubblici del vivere quotidiano rappresentano l’abitazione esterna delle persone, gli stessi devono essere progettati e costruiti, non ricavati, a misura d’uomo. I luoghi devono essere trasformati in modo tale che l’uomo possa vivere in armonia con gli spazi pensati e costruiti perché ciò avvenga.
Oggi, purtroppo, ciò non avviene. Abitiamo luoghi e spazi pubblici ricavati da progettazioni di palazzi contenitori preconfezionati.
Il motto del costruttore è quello di ricavare più metri quadri possibili, perché così il proprio tornaconto economico si innalza sempre più. Non importa la bellezza, la funzionalità o l’armonia dei luoghi, lì importante è vendere.
L’insofferenza dell’uomo nella nostra società nasce proprio da questo: da progettazioni preconfezionate e costruite in serie e da spazi pubblici e privati ricavati, ossia quello spazio che rimane da palazzo a palazzo.
La storia avrebbe dovuto dare lezioni di Architettura sul modo di vivere e abitare un luogo, quindi progettare in funzione dello stesso e delle persone che devono vivere quel determinato luogo.
Se un progettista non riesce nel suo studio a trasformare il luogo rendendolo abitabile ha fallito il suo compito.
La società deve svegliarsi e pretendere delle costruzioni che si adattino al proprio modo di vivere e secondo il proprio gusto.
Così come gli organi competenti di ogni singolo comune devono attuare il piano regolatore, il quale deve essere redatto in maniera seria, privilegiando il gusto e l’abitabilità non solo privata, ma soprattutto pubblica, rilasciando le concessioni o permessi di costruire solo se questi rispecchiano i criteri suddetti.
La crisi di identità di una società civile si vede soprattutto dai segni delle città, che loro stessi vivono nel quotidiano.