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Filippo Puglia


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IL DECADENTISMO TRA TECNOLOGIA E SAPERE

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Il Decadentismo tra tecnoclogia e sapere

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Il movimento culturale che prese il nome di “Decadentismo” si sviluppò in Francia con la prima manifestazione letteraria da parte di un gruppo di giovani intellettuali e può essere considerato come la fase estrema del moto romantico.

La manifestazione del movimento letterario ebbe inizio a Parigi, nella seconda metà dell’Ottocento ed era in grande polemica con la letteratura naturalistica.

Il termine “decadentismo” venne coniato dalla critica culturale di indirizzo realistico e naturalistico per identificare con disprezzo quel gruppo di giovani intellettuali francesi, il cui atteggiamento era considerato come espressione del degrado culturale.

Questo termine, però, rappresentò un motivo di vanto per i giovani poeti che, infatti, lo adottarono in segno di distinzione nei confronti della società. Questa nuova generazione non si riconosceva nelle tendenze positivistiche e materialistiche della società borghese, contrapponendosi alla stessa con atteggiamenti anticonformisti e anticonvenzionali. Loro erano perfino coscienti del fatto di essere rifiutati dalla società e traevano dagli eventi un motivo di grande orgoglio e distinzione, che li portava a rivendicare la loro superiorità.

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Il decadentismo era considerato la forma estrema del romanticismo, soprattutto nei temi trattati, quali il sogno, l’immaginazione e la fantasia. Con i romantici condividevano anche la dimensione razionale. Infatti, entrambi i movimenti culturali vivevano il contrasto tra il reale e l’irreale o astratto. Una tensione che veniva tradotta nella malinconia dell’anima tendente al vittimismo, quindi all’autodistruzione.

I caratteri che contraddistinguono questo complesso movimento culturale si riscontrano, soprattutto, nello svolgimento e nella crisi dell’idealismo e del soggettivismo romantico. Cosicché anche la civiltà spirituale decadentista si manifestava nel campo del pensiero e della vita morale, portando a una inquieta sfiducia nelle forze della ragione e assumendo le forme della più grande crisi esistenziale.

I caratteri generali più importanti ed essenziali del movimento sono:

 

  • L’esasperazione dell’individualismo e dell’egocentrismo;
  • La visione pessimistica del mondo e della vita;
  • La grande polemica contro il positivismo;
  • La scoperta dell’inconscio e del subcosciente;
  • Il tormentoso senso della solitudine e del mistero.

 

È di grande importanza rammentare che l’arte del decadentismo rappresenta la crisi della società e della civiltà europea tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, periodo storico segnato dalla grande rivoluzione industriale. Ma lo stesso rappresenta anche la coscienza e la denuncia della profonda crisi esistenziale della società.

Tra gli eroi decadenti si installa la figura dell’inetto, ossia di quell’uomo privo di volontà interiore e afflitto dalla malattia vittimistica che lo rende incapace di vivere e al quale si aprono le strade del suicidio o del sogno.

 

Però è anche bene rammentare che alla tendenza vittimistica della vita come corruzione e morte, che vengono considerati dal movimento culturale condizioni di privilegio e distinzione, si contrappone uno sfrenato vitalismo che faceva emergere la figura del superuomo; ossia di quell’individuo che era votato a imprese eccezionali, che si impegnava alla realizzazione di sé stesso.

Un’altra figura molto importante tra i decadenti è rappresentata dal dandy, ossia di quell’individuo vestito in modo stravagante, poiché i dandies erano i principali esponenti dell’apparenza.

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In quel periodo maturò, quindi, una nuova sensibilità poetica, nel bel mezzo di una crisi totale dei valori etici e conoscitivi, in cui la poesia si presentò come il solo mezzo per intendere e svelare la realtà, divenendo così, lo strumento espressivo più rilevante nei caratteri dell’arte decadente, raffinata nella tecnica e nell’espressione; attraverso l’uso della parola la poesia si sottrae a ogni vincolo di natura logica e concettuale per elevarsi all’incanto lirico della suggestione fonica e musicale.

Secondo Baudelaire, maggiore esponente del movimento, la realtà è quella che si nasconde dietro l’apparenza. 

Da qui l’intuizione del’inconscio, che rappresenta lo strumento attraverso il quale si può accedere alla realtà o anche attraverso i vari stati d’alterazione dell’io; ossia la nevrosi, la follia, l’allucinazione e l’incubo provocati dall’alcol e dalle droghe.

Il decadentismo è rappresentato anche dal simbolismo, del quale il maggiore esponente è Mallarmè, secondo cui la poesia rappresenta il mistero dentro il quale il lettore è chiamato a cercarne la chiave. In questa parte del movimento acquistano valore espressivo il silenzio, le sospensioni e gli spazi bianchi.

Per i poeti simbolisti la poesia rappresenta il solo strumento in grado di cogliere il mistero profondo della realtà.

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I principi fondamentali della poesia decadente erano:

 

  • L’artista è un veggente, ossia l’individuo capace di cogliere tutto quello che sta al di là delle sensazioni e delle apparenze.

 

Elementi che la società non riesce a percepire:

 

  • L’artista è un esteta;
  • La tecnica espressiva utilizzata è quella della poesia pura e il linguaggio è ricco di metafore, analogie e simboli;
  • La parola diventa pura e astratta, talvolta comprensibile solo al poeta che la usa e ha valore solo per la fonicità e la musicalità;
  • La sintassi diventa imprecisa;
  • La metrica tradizionale lascia il posto al verso libero.

 

Il periodo storico, in cui si manifestò il complesso movimento culturale denominato “decadentismo”, è compreso tra la seconda metà dell’Ottocento e la Prima guerra mondiale. Questa fase storica è contrassegnata da importanti vicende politiche e sociali. Una fase caratterizzata da grandi tensioni internazionali, che non sfociavano in conflitti diretti, come avveniva in passato, ma covavano dentro per poi sfociare nella più grande tragedia della Prima guerra mondiale.

Dal punto di vista prettamente economico, gli ultimi decenni dell’Ottocento fecero da sfondo alla grande crisi. È la cosiddetta “grande depressione”, che succede al periodo di grande espansione e crescita, ossia la rivoluzione industriale.

Questa difficile situazione è caratterizzata dal crollo dei prezzi industriali e agricoli, da un generale stallo della produzione e da un forte aumento della disoccupazione.

Di fronte a questa situazione, i governi europei rispondono con delle misure che da una parte rendono più tollerabili gli effetti della crisi; mentre dall’altra innescano tensioni e contrasti sempre più gravi sotto il profilo del clima sociopolitico internazionale.

La prima misura che venne adottata fu quella del protezionismo, cioè la chiusura delle frontiere ai prodotti esteri, contribuendo alla salvaguardia dell’industria e dell’agricoltura nazionali, che operano, nel proprio stato, in un clima di monopolio a discapito della concorrenza. Misure che provocano degli scompensi in quei settori che lavorano per l’esportazione, facendoli piombare in una grave crisi, per via delle chiusure dei tradizionali mercati esteri.

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Così, i principali stati europei intraprendono una politica imperialista nel tentativo di trovare sbocchi alle proprie economie. Questa situazione è sostenuta dalla cultura del tempo, che diffonde negli strati più ampi della società l’amore per la guerra, il gusto e lo spirito di conquista e di potenza, introducendo nell’immaginario collettivo i miti razzistici irrazionali e di violenza che rappresentano il retroterra culturale del primo conflitto mondiale.

Una situazione che, per certi versi, sembra ripetersi anche nel nostro periodo storico. Infatti, anche oggi viviamo una grande fase di rivoluzione industriale e tecnologica, una grave crisi economica con conseguente aumento della disoccupazione e soprattutto la crisi d’identità della società, in cui regna l’anarchia e la valorizzazione del proprio essere attraverso la ricchezza materiale a discapito della cultura.

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